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COMUNE DI AVELLA

Provincia di Avellino

La città di Avella

 

 

 

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Cenni storici

 

Situata nel bacino superiore del fiume Clanio, alle falde dei Monti Avella nel massiccio del Partenio, Avella si trova allo sbocco di una via naturale che dall’Irpinia penetra nella pianura campana, quindi, per la sua posizione, ha sempre assunto un ruolo di interscambio tra le culture dell’interno e quelle della costa.

Gli archeologi hanno rinvenuto, presso vari siti del territorio comunale, reperti di una certa importanza i quali testimoniano insediamenti risalenti alle epoche del Paleolitico Superiore, del tardo Neolitico (IV millennio a.C.) e dell'età del bronzo (XIV secolo a.C.). In particolare, il percorso del fiume Clanio è risultato essere la culla di gran parte degli antichi insediamenti di questi luoghi.

A partire dall'VIII sec. a.C., l'antica Abella risente dell’influsso delle colonie greche presenti sulle coste campane, degli Etruschi e delle popolazioni italiche. Vasi, anfore e piatti realizzati in argilla cotta in forno aperto provengono da monumenti funerari appartenenti a questo periodo, VIII-VI sec. a.C.. Oggetti ornamentali di bronzo e ferro sono di tipo Etrusco e Campano.

Più ricchi sono risultati i corredi di monumenti funerari di epoca successiva, IV sec. a.C., costituiti da vasi in vernice nera e a figura rossa di scuola Attica, importati da Paestum e Neapolis, ed altri oggetti tipicamente sannitici. In questo periodo "italico" l’area urbana era di circa 25 ettari ed occupava la zona Nord Est dell’attuale paese. Delle antiche mura è rimasta solo la parte orientale ben conservata, incorporata nell’anfiteatro, di epoca romana.

A partire dal III sec. a.C. Abella si pose sotto la protezione di Roma e, per la sua fedeltà, divenne municipio. Al II sec. a.C. risale il "Cippus Abellanus", un importantissimo documento epigrafico in lingua Osca. Quest’epigrafe, attualmente custodita presso il seminario di Nola, attesta un accordo tra la città di Nola e Abella inerente il culto del tempio di Ercole situato sul territorio comune alle due cittadine.

Nel corso della guerra sociale, Abella rimase fedele a Roma. Quest’atto portò i Sanniti di Nola, schieratisi dalla parte degli insorti, a devastarla ed incendiarla nell’87 a.C., dopodiché Abella viene occupata, quale colonia, dai legionari di Silla. Abella assunse, così, l’ordinamento amministrativo tipico delle città romane. I coloni romani costruirono, in occasione del nuovo assetto urbanistico, sui resti delle antiche abitazioni. L’impianto urbano fu organizzato secondo uno schema per cardini e decumani: i primi orientati nella direzione Sud-Nord, i secondi nella direzione Est-Ovest. Tra il I e il II sec. d.C., ad Est della città, venne costruito, poi, l’anfiteatro, in opus reticulatum, di forma ellittica, a doppia arcata, delle stesse dimensioni di quello di Pompei. Una serie di monumenti funerari, ubicati lungo le vie che da Abella portavano verso Nola e Calatia (l'attuale Maddaloni) da un lato, e verso la Valle Caudina dall’altro appartengono, invece, al periodo che va dall’ultima fase repubblicana al I secolo dell’impero.

Le seguenti citazioni, spesso usate in questo periodo da storici e poeti, mostrano quanto Abella sia stata importante pur essendo una città di provincia:

Virgilio ("malifera Abella" Eneide, VII, 740), per la ricca produzione di frutta;

Plinio per le "nuces abellanae" (nocciole);

Silio Italico ("pauper sulci cerealis Abella", VIII, 543), per la scarsa produzione di grano;

S. Paolino, vescovo di Nola, ricordava Abella definendola "mater aquarum", in virtù dell'acquedotto di S. Paolino (i cui resti sono tutt'oggi visibili) che riforniva la propria città.

Nel tardo impero, Abella sembra gradualmente dissolversi come città a seguito delle invasioni barbariche cui venne sottoposta. Fu saccheggiata, infatti, da Alarico nel 410 d.C. e successivamente da Genserico nel 455 d.C.; in conseguenza di ciò i cittadini di Avella abbandonarono la città e si rifugiarono sui monti.

Dal VI secolo, si succedettero varie dominazioni: Longobardi, Ungari, Normanni. Sotto il dominio di questi ultimi, che durò tre secoli, la città risorse anche perché le popolazioni, ritornando al piano, si sparsero dando luogo a diversi nuclei (gli attuali quartieri), tra i quali S.Pietro, Corta Lupino, Farrio, Cortabucci che gravitavano, principalmente, attorno ad una chiesa o, come Farrio e Corta Lupino, attorno al castello.

Di importanza sempre maggiore, nel corso dei secoli divenne il castello, costruito dai Longobardi nel VII secolo, quando i duchi di Benevento ridussero sotto il loro dominio la Campania ed il Sannio. Venne successivamente potenziato dai Normanni, dagli Svevi, dagli Angioini e dagli Aragonesi e costituisce, con le tre cinte murarie e l’alta torre cilindrica, la sintesi delle tecniche costruttive militari in Campania.

Una menzione particolare merita la grotta di S. Michele per gli aspetti sia naturalistici che storici. Posta lungo l’alto corso del Clanio è stata luogo d’eremitaggio e chiesa rupestre durante il Medioevo, assumendo un ruolo particolare allorquando, durante le invasioni barbariche, la popolazione avellana si rifugiava sui monti. La grotta venne consacrata all’Arcangelo di cui la gente longobarda aveva culto particolare, risulta divisa in tre cappelle dedicate all’Immacolata Concezione di Maria, al Salvatore ed a S. Michele, e presenta numerosi affreschi.

Dal 1356 il feudo di Avella passa di nobili in nobili ai Del Balzo, agli Orsini, ai Colonna nel 1534, agli Spinelli nel 1552 ed infine, nel 1604, ai Doria del Carretto alla cui famiglia apparterrà sino al 1806. Oltre al castello, testimonianze di questo periodo sono presenti:

nella chiesa di S. Pietro, la più antica di Avella, a tre navate costruita sulle rovine di un palazzo gentilizio romano,

nella chiesa collegiata di S. Marina, che sorge presso il corso del Clanio, a croce latina, ad una navata, costruita sulle rovine dell’antica basilica fondata da S. Silverio nel VI secolo ed abbellita da papa Onorio e da S. Gregorio, ristrutturata varie volte dal XVIII secolo ad oggi,

nella chiesa di S. Romano.

Vanno citati, infine, il convento e la chiesa della SS. Annunziata, eretti tra il 1580 ed il 1589, che conservano all’interno numerose e pregevoli opere d’arte, con il chiostro costituito da un colonnato in pietra viva, da vestigia di antichi palazzi o monumenti romani ed abbellito da affreschi raffiguranti la vita e le opere di S. Francesco.

Tra le costruzioni civili è da ricordare il cinquecentesco palazzo ducale Alvarez de Toledo, eretto dai Colonna e che, insieme al convento francescano, diede inizio ad una nuova fase urbanistica con il recupero dell’area su cui insisteva la città in età romana. Sia il palazzo ducale che il convento insistono sul "decumanus maior", l’attuale Corso Vitt. Emanuele. Lo sviluppo urbanistico è poi continuato nel ‘700-‘800 col sorgere di palazzi padronali lungo il Corso, realizzando la saldatura dei vari nuclei sparsi che si erano formati nel Medioevo e confermando il recuperato prestigio dell’antico decumano, come riscontrabile anche al giorno d'oggi.

 

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