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Romano
Bocchi, radioamatore dell'Ari, con un'apparecchiatura
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Lo afferma l'avvocato del reggiano denunciato dai
vicini di casa «Le onde dei radioamatori non sono dannose per
l'uomo»
Onde
elettromagnetiche e impianti radio per radioamatori: sono insensati
gli allarmismi dei vicini, come hanno dimostrato i controlli
dell'Arpa in casa di un radioamatore reggiano. Lo afferma il
presidente dell'Ari, associazione radioamatori italiani di Reggio,
Paolo Prandi, portavoce degli oltre 100 radioamatori presenti sul
territorio, e lo conferma l'avvocato Giulio Bottone, consigliere
dell'Ari e radioamatore, che in quest'occasione tutela le ragioni
del malcapitato di turno, contro le pretese del condominio in cui
abita. «Esiste una precisa normativa sulla determinazione dei
tetti di radiofrequenza compatibile con la salute umana, a opera del
ministero dell'Ambiente d'intesa con i ministeri della Sanità e
delle Comunicazioni - commenta l'avvocato Bottone - Dalle norme in
vigore, si desume che i sistemi fissi di telecomunicazioni e
radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa tra
100 khz e 300 ghz, sono sottoposti all'efficacia di queste norme:
pertanto è prevista la riduzione a conformità qualora i valori di
radiofrequenza emessa verificati superino quelli massimi consentiti,
a beneficio di limitare l'esposizione per la popolazione. Ben venga
dunque l'opera di enti come l'Arpa per controllare le emissioni
inquinanti. Ma voler ricomprendere nella normativa, che ha per
oggetto l'inquinamento elettromagnetico, i radioamatori tout court è
una distorsione forzata della legge. Anche il comune buon senso
suggerisce che sia per il carattere saltuario dell'attività, poiché
il radioamatore "ascolta" le trasmissioni da tutto il mondo e poi
trasmette qualche frase ogni tanto, per un periodo ben al di sotto
del tempo minimo (4 ore al giorno) di trasmissione continua previsto
come limite, sia per le caratteristiche tecniche di apparati,
antenne e frequenze utilizzate in base a norme specifiche che
limitano, per esempio, a 300w la potenza massima di uscita del
trasmettitore, la categoria non ha niente a che fare con le
emissioni inquinanti. In pratica, ogni stazione di radioamatore
munito di regolare licenza ministeriale e che operi in conformità
alle norme sulle frequenze assegnate, emette - quando trasmette -
radiazioni che sono circa 2.000 volte inferiori al minimo stabilito
per legge. E non trasmette che pochi minuti al giorno, quando lo
fa». «Recentemente - aggiunge l'avvocato Bottone - è intervenuta
una legge regionale che riguarda da vicino i radioamatori emiliani e
dissipa ogni dubbio al riguardo: una legge del 31 ottobre 2000,
infatti, conferma la non sottoposizione della categoria alle norme
già in vigore e li rimanda a un apposito regolamento della Regione,
che deve ancora vedere la luce. Quindi i condomini e i cittadini
possono dormire sonni tranquilli, anche sotto le antenne dei
radioamatori: i tecnici dell'Arpa non potranno in nessun caso
registrare emissioni inquinanti, e comunque non esiste a tutt'oggi
una normativa che fissi i tetti massimi di radiofrequenza per questa
categoria». E il presidente dell'Ari Prandi ribadisce: «Sta nello
spirito stesso della categoria dei radioamatori, tra l'altro
socialmente rilevanti per l'assistenza in materia di Protezione
civile, dove rappresentano l'anello più forte delle comunicazioni,
l'esenzione da queste norme. Il radioamatore è un dilettante che
trasmette per pochi momenti, se e quando lo fa. Non lo si può
paragonare a impianti industriali che irradiano 365 giorni all'anno,
24 ore su 24. E' stata anche nostra preoccupazione verificare la
situazione e abbiamo constatato che una postazione di radioamatore
come quelle che hanno i nostri soci nella provincia di Reggio, dal
Po al Cusna, per i tempi tipici di un collegamento non genera campi
elettromagnetici tali da creare preoccupazioni: tali campi sono
ampiamente al di sotto dei limiti massimi».
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