S I T O    P E R S O N A L E

 

QUANDO È NATA LA FOTOGRAFIA

Da una intuizione di Leonardo da Vinci

L'idea di una "camera oscura" non ha un'origine ben definita. Infatti si dice che i principi su cui si basa fossero già noti ad Aristotele. E' comunque accertato che fu nel Cinquecento che si lavorò intorno a questo oggetto, che veniva usato spesso poi da pittori mediocri. Nel "Codice Atlantico", considerato il più grande ed affascinante trattato di tecnica, Leonardo da Vinci immaginò la camera oscura, premessa per la macchina fotografica, descrivendone, pur senza averla realizzata, il funzionamento basilare: una scatola con forellino centrale, attraverso il quale passava l'immagine di un qualsiasi oggetto illuminato che si proiettava, rovesciata, sulla superficie interna, opposta e perpendicolare a quella su cui era stato praticato il foro. Nel 1568 l'intuizione del grande Leonardo venne perfezionata dal veneziano Daniello Barbaro, dal medico milanese Girolamo Cardano e dal fiorentino Ignazio Danti, i quali posero sul foro, attraverso cui passava l'immagine, una lente biconvessa, grazie alla quale l'immagine stessa veniva riprodotta con maggiore definizione. Dopo di che altri vi portarono migliorie, rendendo sempre più nitida l'immagine sul vetro smerigliato. Quella però era ancora soltanto un macchina fotografica in embrione, in quanto permetteva la visione dell'immagine ma senza poterne conservare traccia alcuna. Era comunque una strada che avrebbe condotto diritto alla fotografia. Fu solo più tardi, grazie alla scoperta del francese Nicephore Niepce e poco dopo insieme con Daguerre che si riuscì a fissare le immagini su una lastra di vetro ricoperta di joduro d'argento.  Ma il primo esperimento in assoluto fu quello di Niepce nel 1826, che riuscì a fissare, già nel 1826, la prima fotografia della storia (Point de vue du Gras, «Veduta dalla finestra di Le Gras»)., secondo una recentissima scoperta.

 

 I ricercatori del Getty Conservation Institute di Los Angeles, con l' ispettrometria a raggi X, hanno svelato il segreto: una lamina di stagno ricoperta di bitume, materiale fotosensibile, unito a olio di lavanda, che ha la proprietà di indurirsi al contatto con la luce. Gli scienziati sono rimasti sorpresi del fatto che, a distanza di 177 anni, l'immagine non appaia per niente deteriorata. La fotografia in parola, comunque, d'ora i poi sarà tenuta in una scatola d'acciaio riempita d'argo, gas che ne assicurerà la conservazione. Due anni dopo ecco il "dagherrotipo", antesignano della nostra fotografia. Nel 1828 Niepce e Daguerre si associano e nel 1839, al figlio di Niepce veniva riconosciuto il brevetto dall'Academie des Sciences.

La scoperta fu in seguito perfezionata dall'Inglese Fox-Talbot che introdusse nel procedimento la carta sensibile per la stampa. Carta che fu ulteriormente migliorata nel 1874 con l'introduzione, sempre per merito degli Inglesi, dei sali di argento.

Il grande salto di qualità, che ha aperto la porta alla moderna fotografia ed anche alle prime immagini a colori, fu merito dello statunitense George Eastman che inventò la pellicola sensibile su supporto di plastica del tutto identica a quella che usiamo oggi. Il suo nome rimane ancora quale marca di una grande Casa americana.

Da quel momento la tecnica della fotografia ha visto enormi miglioramenti e sviluppi, ma i due principi basilari, camera oscura e pellicola, il primo risalente addirittura a Leonardo da Vinci, sono rimasti concettualmente gli stessi.

 

Dagherrotipo del 1828

 

Una macchina fotografica per dagherrotipi, fabbricata nel 1839. Porta un marchio con la firma di Daguerre e il nome del costruttore

Una rarissima immagine scattata in Italia con la Kodak n. 1, messa a punto da George Eastman 

nel 1888

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