| Unione Europea | Repubblica Italiana | Regione Marche | Provincia di Macerata | | Comune di Treia | |
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ABITANTI: 9353
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CENNI STORICI L'antica Trea derivò il suo nome da quello della Trea-Jana, divinità di origine greco-sicula che qui era venerata. Fondata dai romani, forse nel 380 a. C., Trea sorgeva a circa due Chilometri dall'attuale centro, nella località oggi detta del S.S. Crocifisso. Dapprima colonia e poi, nel 109 a. C., Municipio, raggiunge ragguardevole estensione urbana e notevole importanza militare. Situata su una diramazione della Via Flaminia, al decadere dell'Impero subì varie devastazioni ad opera degli eserciti barbarici che percorrevano la penisola in direzione di Roma. Gli abitanti superstiti, per salvarsi dai ricorrenti incendi, rapine e saccheggi, si rifugiarono su tre piccoli colli che sorgevano non lontano dalla città romana; a questa, ormai quasi deserta, niente era valso passare già dal 1X secolo sotto la giurisdizione del Pontefice romano. All'inizio del X secolo, la popolazione dei tre colli era ormai così numerosa da costituire una vera propria città nuova cui fu dato il nome di Montecchio (da Monticulum o Monteclum, ossia "piccolo monte"). Pur rimanendo sotto il governo del Pontefice, Montecchio si diede ben presto ordinamento da Comune ed allargò tanto il proprio insediamento da comprendere nel suo perimetro i tre castelli sorti inizialmente sui tre picchi: il castello dell' Onglavina, quello dell'Ecle e quello del Cassero. Ad ulteriore fortificazione furono costruite, all'incirca in questa epoca, le attuali mura e le rocche e furono annessi i castelli di San Lorenzo e Pitino, situati l'uno a ridosso della vicina montagna e l'altro a difesa della vallata del potenza, verso San Severino Marche. Durante le lotte tra Papato e Impero, la città fu cinta d'assedio nel 1239 dalle truppe di Enzo, figlio naturale di Federico II e, nel 1263 da quelle di Corrado d'Antiochia. Montecchio resistette valorosamente all'assedio di re Enzo e riuscì addirittura a far prigioniero Corrado dopo aspro scontro svoltandosi nella zona antistante la porta di Vallesacco. Nel XIV secolo fu soggetta alla Signoria dei Varano e, quindi, con alterne vicende, a Francesco Sforza; nel 1447 fu posta dal Pontefice sotto l'autorità di Alfonso d'Aragona; ritornata sotto il diretto governo della Chiesa, Giulio II la cedette nel 1550 al cardinale Cesi. Episodio importante nella vita di Montecchio fu la ricostituzione, nel XVIII secolo della locale Accademia dei Sollevati: questa, fondata nel 1430 con finalità poetico-letterarie dal concittadino Bartolomeo Vignati, poi Vescovo di Senigallia, aveva già vissuto un lungo ed intenso periodo di attività culturale; ecco allora che,nel 1778, alcuni illuminati cittadini, in armonia con lo spirito dei tempi, sentirono l'esigenza di dare ad essa nuovo statuto e nuovi intenti. La si ricostituì, quindi, con il nome di Accademia Georgica e con lo scopo di "dare opera ed incoraggiamento a studi razionali e pratici" che valessero "a migliorare l'agricoltura dell'industria, ed a tenere in onore le scienze, le lettere e le arti". I risultati raggiunti nella ricerca e nella speri mentazicme agricola, pubblicati nel "Giornale di Arti e Commercio" che l'Accademia stampava, la resero in breve famosa in tutta l'Europa, tanto che i Ministri dell'Agricoltura della Francia e del Belgio ordinarono di portare avanti gli esperimenti a loro spese e 10 stesso Napoleone I, al tempo della Repubblica Cisalpina, pensò di farne un centro di cultura agraria in Italia. Si devono ai ricercatori dell'Accademia Georgica il primo esperimento di estrazione di olio dai semi e l'introduzione nella zona di nuove utilissime culture; essi condussero anche sistematiche osservazioni meteorologiche allo scopo di meglio conoscere gli effetti delle condizioni atmosferiche sulle culture e sull'uomo. Furono membri dell'Accademia uomini illustri come Volta, Tiraboschi, Spallanzani, D'Alembet, Mommsen. Oltre ad un orto botanico, ad una biblioteca e ad un museo, gli accademici provvedettero anche alla costituzione di un centro di formazione professionale giovanile, forse uno dei primi sorti in Italia. Nel 1790 Pio VI conferì alla comunità montecchiese il titolo di Città, restituendole l'antico nome di Treia. Nel 1798, insieme alle altre città dello Stato Pontificio, Treia visse la brevissima esperienza della Repubblica Romana voluta da Napoleone e, finalmente, con quelle, fu annessa al Regno d'Italia, nel 1860, dopo la battaglia di Castelfidardo. II resto, si può si dire, è storia contemporanea che Treia visse pressoché nell'anonimato, nel senso che non costituì eccezione allo scorrere delle vicende che caratterizzarono la storia d'Italia. Alcuni treiesi si misero in luce per il loro coraggio nel corso di imprese risorgimentali: Luigi Bonvecchi che partecipò alla spedizione dei Mille, Giovanni Sacchi che morì a Bezzecca nella terza guerra d'Indipendenza e Don Pacifico Arcangeli, medaglia d'oro nella prima guerra mondiale. Numerosi altri treiesi parteciparono ad imprese militari con le truppe regolari del Regno d'Italia: in loro memoria, la Società Operaia fece erigere nel 1888 il monumento a Vittorio Emanuele II, in Piazza Arcangeli. Una importante pagina della storia e della tradizione cultura di Treia è legata ad uno sport che ha contribuito ad accrescere la notorietà di questa antica cittadina marchigiana. Si tratta del "Gioco del pallone col bracciale" il cui personaggio più rappresentativo è stato il celebre giocatore locale Carlo
Didimi, immortalato anche dal poeta Giacomo Leopardi che nel 1821 gli dedicò la famosa canzone "A un vincitore nel pallone".
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LE ARENE-SFERISTERI |
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Impaginatura a cura di IK6COX Zeno Della Ceca |