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Il castello (IX-X Sec.), con le modifiche apportate dai Duchi da Varano di Camerino, è pervenuto a noi nelle sue strutture portanti e rappresenta un valido esempio di arte castellare, dal suggestivo impatto paesaggistico.
Tuttora, appare costituito da una cinta muraria, al cui interno si eleva una torre circondata da una «corte", riservata al comando della difesa; all'interno del "castrum", si trova una seconda cinta

muraria che racchiude le abitazioni della comunità rurale. Di notevole interesse artistico la duecentesca Chiesa dei Santi Martino e Giorgio, all'interno della quale è possibile ammirare il Trittico di Simone de Magistris, raffigurante l'Ascensione, la Crocifissione e l'Assunzione, intervallato da due riquadri più piccoli con San Giorgio e San Martino. Si possono ammirare inoltre opere di Andrea de Magistris e Nobile da Lucca.


Testi e foto per gentile concessione di Progetto Italia s.r.l -Cagli (PS) Tel. 0721-781693

Impaginatura a cura di IK6COX Zeno Della Ceca

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5/1/01 - Alberi secolari - All’ombra della Roverella
di Eno Santecchia

 

Oltrepassata Caldarola (MC), ci dirigiamo verso la frazione Vestignano dove troviamo il castello medioevale costruito tra la seconda metà del IX secolo e la prima del successivo, ora di proprietà della famiglia Maraviglia. Il palatium e l’imponente torrione cilindrico sovrastano la chiesa di San Martino e San Giorgio, dotata di un notevole complesso pittorico.
Tra ciò che preferisco, sulla parete absidale l’affresco a colori tenui, ma veri della rappresentazione di San Giorgio che uccide il drago e salva la principessa. Credo che questa bell’immagine conservi immutato nel tempo, anche nell’epoca di Internet, il suo notevole fascino positivo. Essa mi ricorda il rovescio della sterlina d’oro inglese opera del grande incisore italiano Benedetto Pistrucci (1784 - 1855) che, apparsa per la prima volta nel 1817, riscuote ancora successo in tutto il mondo. Abbiamo poi San Martino a cavallo che cede una parte del suo mantello per coprire un povero, entrambe queste opere sono attribuite al pittore caldarolese Simone De Magistris (1538 - 1611) e risalgono al 1588.
Da alcune pareti di questa luminosa chiesa a due navate, ampliata e ristrutturata nella prima metà del 1500, riaffiorano vari affreschi, coperti in precedenza da strati di calce, ora in parte restaurati.
Nel borgo, in alto, c’è il vecchio forno di proprietà della famiglia Agamennoni. Poteva essere usato liberamente dagli abitanti della frazione, in cambio di tre giornate lavorative annuali da prestare durante la raccolta delle olive.
Superiamo l’abitato e la sorgente del Rio, il ruscello che attraversa Caldarola, percorrendo la strada comunale che conduce a Montalto di Cessapalombo e quindi nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Un nuovo parco di 70.000 ettari istituito nel 1993. Sulla destra troviamo una quercia secolare che si erge maestosa.
E’ una Roverella (Quercus pubescens) che, all’altezza di oltre un metro da terra, si dirama in due grossi tronchi. La circonferenza del suo fusto è di m. 4,90. La longeva pianta, in tempi recenti è stata potata a regola d’arte, ma ha ancora qualche ramo danneggiato.
La Roverella, la più diffusa delle querce italiane, ha però una peculiarità che in certi casi può essere uno svantaggio. Le sue foglie, infatti, seccano in inverno, ma rimangono sull’albero, per cadere poi nella primavera successiva. Il 20 novembre 1998, quando le foglie non erano ancora del tutto secche, ci fu nell’Alto Maceratese un’abbondante nevicata e il peso della neve ha quindi spaccato parecchi rami delle querce in particolare.
Da piccolo, quando ne avevo l’occasione, osservavo le grandi querce. Ne restavo sempre affascinato dalla maestosità del portamento e dalla fierezza che trasmettono a chi le ammira. L’ampia chioma, il più delle volte emisferica, il possente fusto e l’armonioso sviluppo dei rami ne fanno uno degli alberi secolari più belli. La chioma non ha paura delle raffiche di vento, il suo legno si può permettere di sfidare il tempo e le radici sono un punto fermo anche per il terreno circostante. Tant’è che dove ci sono questi giganti non si verificano le temute frane. Una vera forza della natura, anzi è l’essenza stessa della robustezza e della longevità. La quercia è anche un pianta generosa; le ghiande sono molto gradite ai suidi e alla sua ombra crescono prelibati funghi come il porcino nero (Boletus aereus) e ricercati tartufi.
Verso la fine degli anni 50 dello scorso secolo, durante i lavori per l’ampliamento della strada comunale, nei pressi della pianta sono state trovate ossa umane. Come nei pressi di altre chiese, vi era un luogo di sepoltura dimenticato nei tempi. I resti furono poi tumulati nel cimitero di Caldarola.
All’ombra del secolare albero vi è la piccola chiesa dei Santi Pietro e Paolo, sul suo frontale spicca un vecchio stemma papale in pietra serena scolpita. Tale stemma era concesso alle chiese affiliate alla basilica di San Giovanni in Laterano di Roma.
La chiesetta privata risale ad oltre 300 anni, fu proprietà della famiglia Zampini, poi passò alla famiglia Agamennoni, entrambi signori che possedevano nella zona ampie proprietà terriere.
All’interno della chiesa, sulla parete sinistra, vi è una targa marmorea indicante che vi è seppellita Olivetta Ridolfi una bambina salita in cielo a soli otto anni nel 1882.
L’albero potrebbe narrarci anche avvenimenti ben più movimentati!
Sulla strada in direzione di Montalto vi è un cippo commemorativo la morte del giovane Nicola Peramezza, patriota, figlio di un daziere di Tolentino.
Mercoledì 22 marzo 1944 era il primo giorno di primavera, ma faceva un freddo intenso, c’era nebbia e nevischio, verso le ore 4.00 una colonna di circa cento militi nazi-fascisti muove da Muccia per Montalto e Vestignano. E’ loro intenzione sferrare un attacco contro i partigiani che, al riparo nelle montagne della zona, attuano la tattica del mordi e fuggi, causando non pochi problemi ai tedeschi.
Alcuni patrioti sfuggiti all’accerchiamento di Montalto cercano scampo verso Vestignano. Ma quasi contemporaneamente due autocarri nazi-fascisti raggiungono l’abitato di Vestignano con l’intento di impedire la fuga da quella parte. Il ventiduenne Nicola Peramezza, preso tra due fuochi, si getta nel fosso Arrà sito nei pressi della Roverella, ma viene colpito mortalmente e finito a colpi di baionetta. Altri tre Mario Ramundo, Guidobaldo Orizi e Lauro Cappellacci cercano inutilmente rifugio nel forno di Agamennoni, ma vengono scoperti e uccisi sul posto. Al termine del rastrellamento, lungo la strada sottostante località Tribbio di Montalto, i nazi-fascisti fucilarono e gettarono nella scarpata altri ventisei partigiani (Eccidio di Montalto).
Sul cippo poco lontano dalla Roverella si può leggere: “Qui nel candore della neve simbolo della sua purezza nell’alba tragica del 22 marzo 1944 cadeva Peramezza Nicola falciato da mitraglia fratricida”. Prosegue poi con una bellissima esortazione: “O viandante soffermati e prega per chi non ultimo tra una schiera di eroi ha sacrificato la vita per ridonare alla patria libertà ed indipendenza”.
Negli anni precedenti l’entrata in vigore delle leggi regionali nr. 7 del 1985 e 8 del 1987 a tutela della flora marchigiana, nelle nostre zone, purtroppo, furono abbattute numerose grandi querce.
Quante vicende hanno visto e superato questi “testimoni del tempo”; è un vero peccato cancellare tanta storia in poche ore!


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