Il panfilo Elettra

Il panfilo Elettra fu costruito in cantieri inglesi su disegno degli architetti Cox e King di Londra.
Varato nel 1904 fu acquistato dal duca d'Austria Francesco Ferdinando che gli diede il nome di Rowenska.

Nel 1919 venne acquistato ad un'asta in Inghilterra da Guglielmo Marconi: l'imbarcazione si trovava li, perchè confiscata dagli inglesi all'Austria durante la Prima Guerra Mondiale.
Marconi lo chiamò Elettra. Fu sottoposto ad alcune modifiche per accogliere gli apparati radio e gli accumulatori di energia elettrica. Gli alberi vennero alzati per migliorare il rendimento delle antenne.
Divenne la sua casa galleggiante e allo stesso tempo laboratorio sperimentale navigante.


L' Elettra nel porto di Civitavecchia in una rara immagine a colori.

Il comandante dell'imbarcazione era Raffaello Lauro, l'equipaggio era composto da 6 ufficiali, sei sottoufficiali e 18 marinai.
Erano 2 i civitavecchiesi in servizio sull'Elettra: oltre allo scafista Agostino Scotti appena diciottenne, c'era Gino De Paolis il cuoco di bordo Chef internazionale.

Grazie all'uso di questo laboratorio galleggiante Marconi poteva compiere esperiementi in tutti i posti e a distanze sempre diverse.

Alcuni esperimenti rimasero alla storia come quello del 26 marzo 1930 con l'accansione con segnale radio delle luci del municipio di Sydney in Australia (l'Elettra era ormeggiata al porto di Genova), e nel 1931 con la navigazione senza vista ma con l'aiuto del radiofaro a Sestri Levante. Sull'Elettra erano installati sia impianti riceventi che tramittenti un pò su tutte le frequenze delle onde medie e corte. Negli anni 30 si aggiunsero le micro onde.

Tutti i numeri del panfilo Elettra:

Dimensioni: 72 metri (lungh.) - 9,5 metri (largh.)
Stazza: 750 tonn.
Pescaggio: 4,5 metri
Max altezza albero: 27 metri
Propulsione: macchina vapore a 3 cilindri, potenza 1200 CV
Consumo: 12 tonn. di carbone al giorno
Velocità massima: 15 nodi
Nominativo: IBDK

A Civitavecchia l'Elettra era spesso ormeggiata o in rada al porto. Nel periodo in cui Guglielmo Marconi soggiornò con la famiglia a Civitavecchia, l'Elettra rimaneva anche all'ancora davanti alla scogliera della villa dei Principi Odescalchi, scelta come residenza.
Con un motoscafo guidato dallo scafista di bordo, il civitavecchiese Agostino Scotti, Marconi poteva spostarsi in tempi brevi dall'Elettra alla villa e anche a Torre Chiaruccia distante pochi chilometri dalla villa.


Il panfilo Elettra ormeggiato nel porto di Civitavecchia, anno 1930


L'incendio sull'Elettra a Civitavecchia nel 1930.
Si noti sulla sinistra, il rimorchiatore in soccorso
Nel porto di Civitavecchia avvenne l'unico incidente alla nave Elettra.

Era il pomeriggio del 12 agosto del 1930, quando un corto circuito agli impianti degli accomulatori sviluppò un incendio.
Al fatto accorsero molti lavoratori del porto cercando di porre rimedio tra cui il Cav. Annibale Foschi che con il suo rimorchiatore spinse l'Elettra sottobordo alla nave di linea De Fenu e con le manichette di quest'ultima fu scongiurato ogni pericolo.

Dopo la morte di Marconi, l'Elettra fu acquistata dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni con l'intento di garantirle la conservazione.

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale l'Elettra era accantonata al porto di Trieste. Nel settembre 1943 venne requisita dai tedeschi.
Grazie all'intervento di alcuni volenterosi, tutte le apparecchiature di Marconi e gli oggetti vennero prelevati e dati in custodia al Museo del Mare di Trieste.
L'Elettra venne trasformata in unità di guerra ausiliaria. L'8 gennaio del 1944 venne colpita ed affondata dagli alleati a largo di Zara.

Dal 1948 il governo italiano ne chiese la restituzione da parte della Yugoslavia. Nel 1960 il relitto viene recuperato e trasportato nel porto di Trieste.


La poppa dell'Elettra nel parco antenne del Centro Telespazio al Fucino (AQ)

Il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni fece compiere uno studio di ricostruzione della nave. Nel 1972 ci fu l'annuncio ufficiale da parte dell'allora Ministro delle Poste e Telecomunicazione dello stanziamento di 2 miliardi e 400 milioni per la ricostruzione.

All'inizio dei lavori nel cantiere di Venezia, ci si rese conto dello stato dello scafo e si giunse alla conclusione dell'impossibilità nel procedere con il progetto di recupero.
Fu studiato un nuovo progetto, ma la somma preventivata di 7 miliardi non poteva essere coperta dallo stanziamento pubblico.

In seguito non trovando una soluzione se ne decise la demolizione.
Nel 1977 l'Elettra venne divisa a pezzi. Oggi i suoi pezzi sono sparsi in varie città italiane: la poppa è al Centro di Telespazio del Fucino, la parte centrale è a Pontecchio, un'altra parte centrale è a Trieste, la prua è all'Arsenale S. Marco a Venezia. Altre parti dello scafo sono a Santa Margherita Ligure e a Mestre.


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